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mercoledì 18 luglio 2012

Quando il fimo tira fuori il lato peggiore di te

All'inizio volevo fare collane e bracciali, poi non riuscivo a creare nulla che restasse integro, perché mi mancavano i mezzi e spendevo soldi a destra e a manca nelle bancarelle in cerca di nuove idee. Ho capito che con la bigiotteria il mio cervello ci va poco d'accordo. Siamo pignole noi, ma prima di lasciar perdere con bracciali e compagnia bella ho scoperto la gioia dei modellini. E' lì che ho capito quanto mi voglio male, perché ovviamente non scelgo quelli semplici da riprodurre, ma quelli zeppi di dettagli.




 Mugendramon da Digimon, mi ci è voluto un po' per realizzarlo... ok, due giorni, ed è anche assai pesante, ho usato un sacco di fimo prima di sganciarmi e riempire gli altri modellini di carta stagnola.








Kazeshini da Bleach, qua è scattata la molla dell'amore (perdonate la scarsa qualità delle immagini, purtroppo con la camera di un cellulare non si possono avere risultati eccellenti). Stavolta gli ho riempito il busto di carta stagnola e per le gambe ho distrutto una forcina, dopodiché sono andata al mercato a recuperare una catenella. Per la base accuratamente spruzzata di sangue (finto) ho usato un vecchio processore defunto.
Perché riciclare è bello e non costa niente.
E dopo aver mandato in onda il messaggio ecologico, passiamo al prossimo lavoro.


Beelzebumon, sempre di Digimon. Poiché rappresenta la Gola non ho saputo resistere all'idea di preparargli un delizioso banchetto e mi sono assai divertita a creare il cibo, mentre la parte più incasinata è stato il fazzoletto sul braccio, complice il fimo che si era scaldato e che si sformava, sporcava e stracciava. Ho riempito la testa di polistirolo e carta stagnola, così come tutte le parti grosse. Le luci negli occhi sono fatte con gli acrilici che ho riesumato. In effetti sto riesumando un bel po' di roba.
Avrei fatto anche Takeru di Togainu no Chi, ma devo recuperare la foto della versione aggiustata, visto che ho risistemato gli occhi con l'acrilico e altre cosette.
Vi lascio quest'anteprima.



Si, sono fissata coi digimon, ok? u.u
Lui è Phelesmon, volevo fare una coppia di digimon, ma per ora sono ferma con lui. I piercing e gli orecchini sono i resti di catenelle metalliche e anellini di bigiotteria, che avrei dovuto mettere alla fine, ma non resistevo e si staccano ogni due secondi. Man mano che lo continuerò metterò delle foto, perciò le spiegazioni su come sia fatto le lascio al prossimo post, a patto che a qualcuno interessino.
L'altro digimon è JetSilphymon, perché lei? Beh, anche questo alla prossima puntata!

Baci!



 

venerdì 8 giugno 2012

One Piece e Fairy Tail


Vediamo, avrei dovuto scrivere:

 One Piece vs Fairy Tail?

Ma anche no. 

Può darsi che io non sia una lettrice molto attenta, può darsi che sia schifosamente di parte perché  adoro Mashima, ma so riconoscere i pregi dell'uno e dell'altro autore.
Tanto per cominciare, sul rapporto fra i due se ne dicono tante, persino che Mashima fosse assistente di Oda e quindi sia influenzato da lui. Da quello che ho potuto leggere cronologicamente questa teoria fa un po' acqua da tutte le parti, poi, vogliamo vedere lo stile?

Io trovo il tratto di Mashima molto pulito ed è uno dei motivi per cui mi piace molto. Le linee sono nitide e prive di imperfezioni. Il tratto di Oda è, come dire, non nitido. Nei primi piani si notano come dei tremolii, e badate bene che non voglio criticare Oda, tutt'altro. E' il suo stile, il che è incoraggiante per una che non riesce a mettere mano ad una squadra neppure a pagarla. 
Poi arriviamo alla trama. Dunque... One Piece è un viaggio continuo, isola dopo isola, saga dopo saga, mistero dopo mistero. Fairy Tail è più uno shonen da saga dopo saga, certo, saltano fuori molti colpi di scena, ma trovo non ci sia paragone.

Certo però mi sembra riduttivo definirlo la "brutta copia di One Piece"

Vedendo quest'immagine, viene da pensare il contrario, in effetti, ma vediamo la cosa oggettivamente, potrebbe essere un tributo, non mi pare che Angel e Doflamingo abbiano lo stesso carattere o Cobra e Boa... ci mancherebbe di vedere lui piegarsi a novanta di schiena. Beh, sarebbe divertente, no, ok, dicevo...
Natsu e Luffy sono completamente diversi, hanno una storia e scopi diversi. Il primo vuole ritrovare suo padre, il secondo diventare il Re dei Pirati. Luffy è un bonaccione a caccia di avventure, un bravo ragazzo e persino molto ingenuo, con una punta di egoismo malcelata dai suoi sorrisini smaglianti. Insomma, quando lui sorride e grida all'avventura in un'isola abitata di creature mostruose tu non puoi proprio dirgli di no perché ti fa quel sorrisino che... irresistibile. Ma di fondo Luffy è troppo buono.
Natsu, invece è un demonietto, ha certo i suoi picchi di gentilezza, i suoi momenti da shonen che inneggiano all'amicizia e ai compagni, ma non si fa certo scrupoli ad attaccare briga e combinare guai e dispetti qua e là. Non proprio un angelo insomma.
Gli altri personaggi non sono minimamente paragonabili fra loro.
Nami e Lucy? Tsk, avranno in comune solo la dimensione del seno, ma neppure. E torniamo allo stile. Lucy è formosa, Nami sembra anoressica.
Mashima copia lo stile di Oda?
Non creeeedo proprio.
L'unica cosa che poteva darmi fastidio di Fairy Tail era che i personaggi somigliassero a quelli di RAVE, ma man mano che si procedeva con la lettura, ognuno ha preso le distanze dalla sua fonte di ispirazione. Ma qui si parla di Oda e Mashima, non solo di Mashima.

Come vi dicevo, io adoro Mashima, ha disegnato scene capaci di strapparmi il cuore, come il salvataggio di Erza da parte di Natsu quando questa si sacrifica ad Etherion, per non parlare della morte di Simon. 
E Lucy che salva Loki ad ogni costo, la sofferenza di lui è palpabile, mi ha totalmente rapito, è forse la parte che preferisco del manga.
E poi abbiamo il saluto a Luxus, il ritorno di Lisana... se poi dovessi contare anche le scene di RAVE non ne finirei più. Su RAVE scriverò un post a parte, perché merita davvero.

Anche Oda mi ha regalato tante scene strazianti: Nami che chiede aiuto a Luffy ad Arlong Park (scena che mi ha spinto a continuare a leggere il manga e recuperare i volumi mancanti) , la morte dei pirati Rumba, l'arrivederci a Bibi, la morte di Ace e Barbabianca, Kidd... no, lui mi strazia le budella ogni volta che ride. Mi viene da ridere come un'ossessa e rischio di schiattare, anche se lì il merito è di Namikawa.
Oda non ha mai, o quasi mai, ucciso al di fuori dei flashback. Eccetto che durante la saga della guerra, dove ha recuperato il tempo perduto... e lì no comment, ancora sono un po' indispettita e potri scriverci un post sulla morte di Ace.
Mashima ti abitua alla morte, un esempio è Simon, ma altri personaggi perdono la vita e perciò almeno in questo aveva un qualcosa in più rispetto ad One Piece.

In Fairy Tail ci sono amori e c'è fan service, in One Piece no, è questo è meglio per come è la storia.
Se Oda dall'inizio avesse deciso: Luffy sta con Nami e man mano avesse mostrato lo sbocciare del loro amore come invece Mashima fa con Levy e Gajil (è palese, dai *^*) nessuno avrebbe avuto problemi. Se Oda adesso saltasse fuori con la LuffyNami probabilmente i fan storcerebbero il naso. E' proprio una questione di impostazione dell'opera.
Viaggio e avventure e "vita quotidiana di una gilda scalmanata" già dai temi di fondo c'è una bella differenza.

Per riassumere, l'unica cosa che hanno in comune Fairy Tail e One Piece è che sono Shonen manga. E come tali hanno elementi commerciali in comune a molti manga (spade, amore per i compagni, fan service a palate, donne formose, uomini fighi) ma come costruzione della trama sono su un piano totalmente diverso.
Pensare alla trama mentre si disegna l'episodio, come a volte fa Mashima, comporta una certa elasticità mentale. Molti glielo criticano, ma poiché anche io sono come lui, in sua difesa posso dire che cambiare le carte in tavola e riuscire a rendere tutto verosimile è un pregio.

In definitiva, Fairy Tail è un manga piacevole da leggere coi suoi difetti, a volte forse è un po' troppo prevedibile, ma da qui a definirlo una merda ce ne vuole.
One Piece è intrigante, misterioso,  lo definirei un capolavoro, ma ogni capolavoro ha i suoi difetti. Non mi piace come Oda disegna le donne (o pupe o scorfani, troppo troppo magre o troppo troppo... ehm... bruttine?) e ogni tanto si canna le altezze, ma sono dettagli sui quali si passa sopra volentieri.
Beh, per concludere, attualmente i miei personaggi preferiti sono tantissimi da entrambe le parti, ma in questo momento direi Eustass Kidd per One Piece e Loki per Fairy Tail.

Bene alla prossima!!


sabato 2 giugno 2012

Top 10: personaggi dei libri


Poiché ultimamente sono una macchinetta compra libri (il fatto che sia totalmente sommersa da roba ancora da leggere è un dettaglio) ho pensato di compilare una bella classifica sui personaggi che preferisco.
Vediamo un po', io sono capricciosa, cambio personaggio preferito come cambio gli abiti. Se il giorno prima sbavo che so, per il capitano Nemo, il giorno seguente corro dietro al conte di Montecristo.
Beh, magari una settimana uno e una l'altro, dipende dall'umore del momento, però non dimentico i personaggi. Cambiano grado di prepotenza ma non perdono il posto nel mio cuore.
Sono schifosamente romantica...
Quindi, prendete la classifica più come un elenco.



10.  Severus Snape (Harry Potter, J. K. Rowling):

Il caro Snape è difficilmente sopportabile, se non sapessi cosa nasconde dietro quel muso e tutta la cattiveria lo odierei a morte perché, diamine, è una carogna!! Però so, e perciò non posso non annoverarlo tra i miei preferiti. Un uomo davvero, davvero coraggioso dietro la maschera crudele che porta. Davvero umano, spinto dal sentimento più forte e "banale" dell'universo. L'amore. 
Solita storia, eh?
Ma funziona sempre, dannazione se non funziona. 





9. Christopher Wren (Tre topolini ciechi, Agatha Christie):

Completamente svalvolato ed infantile, persino inquietante sotto certi punti di vista. E' il suo lato da vittima che mi ha colpito. E' un bambino troppo cresciuto, eppure fa discorsi seri se si riesce a comprenderli e quando si trova con le spalle al muro eccolo lì, indifeso e bisognoso, con tutti contro e pochissimi a proteggerlo. Per ora ho letto solo il copione teatrale e visto la commedia, il racconto l'ho iniziato da poco, ma, come dire, dubito ci sia molta differenza, sempre svalvolato è.



8. Patrick Rossiter (Poison in jest, John Dickson Carr):

 Detective assai particolare e svalvolato, il caro Patrick. Insomma, è capace di sollevare dubbi amletici alla vista di un calzino o di traccie di vernice e ha un modo particolare di comportarsi con gli altri, tanto che vederlo comportarsi da persona seria alla fine del romanzo fa quasi più ridere della sua prima apparizione mentre è intento a discutere ad alta voce fra se e se.



7. Neville Longbottom (Harry Potter, J. K. Rowling):

Che dire, i miei personaggi preferiti dei film (perché i romanzi li sto leggendo in questo periodo, sono al 4°) sono lui, Lupin, Snape  e Ron. Ma Neville rispecchia molto quello che sono. Un'imbranata cronica che non riesce a sbloccare il coraggio e la bravura. Spero a me non serva un Voldemort per cambiare, ma la trasformazione che Neville ha da quel cosetto cicciottello e imbranato a... insomma, a QUELLO è strabiliante. Uno non se l'aspetterebbe e invece, alla faccia. Mi viene spontaneo il paragone con Minus. Sempre all'ombra degli altri, sempre difeso, con un unica differenza. Minus si lascia sopraffare dal terrore. Neville no.



6. Valentin Duriez (L'incantatrice,  Him Suyin):

Valentin è un bastardo, il frutto di uno stupro, un ragazzo dolce in cerca di amore. Perché sua madre lo ama e lo odia, l'uomo che l'ha cresciuto lo tratta come suo figlio, ma non è il suo vero padre e la gente parla. Lui è il figlio del demonio, causa tanto male al prossimo, deve morire, è un capro espiatorio perfetto coinvolto, trascinato brutalmente nella follia di una caccia alle streghe. Mi ha fatto molta tenerezza, ecco la verità. Nessuno, persino i suoi fratelli non sanno come comportarsi con lui, è un fratello maggiore fragile, che alla fine imbraccia le armi e diventa qualcuno, ma ancora non basta e allora lo sdegno è totale e fanculo alla società.


5. Shogo Kawada (Battle Royale, Koushun Takami):

Il misterioso duro, l'uomo del momento, l'esperto cinico dal cuore dolce che brama vendetta. In realtà è più nel manga che l'ho adorato, ma anche nel libro non scherza e, diamine, nonostante provi a fare il duro ha dei momenti così sdolcinati da sembrare quasi un bravo ragazzo. Non che non lo sia, ma con quella sua aria da teppista, nel momento in cui si lascia andare al chiacchiericcio con Noriko mi da l'impressione di un orsacchiottone. Beh, in realtà mi sembra quasi che voglia recuperare il tempo perduto. Non si è mai lasciato andare a smancerie e d'un tratto la persona che amava gli è stata sottratta, ovvio che uno cerchi di non ricadere nei vecchi errori. E' uno di quei personaggi per cui spenderei più di poche righe, ma, ritorniamo al discorso dei "gyaaaah", non so se mi spiego. 
 

4. Howl (Il castello errante di Howl, Diana Wynne Jones):

Howl è un personaggio al quale la dose di adorazione è da diluire con un'abbondante dose di calci nel sedere. E' pieno di difetti: inaffidabile, disordinato, egoista, vanesio e chi più ne ha più ne metta, ma lo si adora sopratutto per questo. Perché i suoi difetti lo portano a scontrarsi con Sophie molto e non poco. I loro battibecchi da coppia sposata sono meravigliosi e fra un massacro di ragni e l'altro il caro mago mette finalmente la testa apposto. Ciò non vuol dire che non abbia lati positivi, ma il suo più grande pregio è proprio quello di essere uno spirito libero con dei buoni principi.



3. Richie Tozier (It, Stephen King):

Il buffone del momento, che dovrei dire di lui? Se King non l'avesse creato forse non sarei riuscita a leggere It gustandomelo appieno. Non sono patita d'horror, se posso li evito come la peste, non so come cavolo ho fatto a leggere questo libro e sopravvivere, ma probabilmente le battute di spirito di Richie mi hanno aiutato. Ci vuole quello che prende le cose alla leggera per non lasciarsi schiacciare dal terrore.
Richie è l'uomo dalle mille voci, quello che non riesce a trattenersi da spararne di buone è... ma dico io, alla fine è decisamente epico!



2. Eddie Kaspbrak (It, Stephen King):

Eddie è, oltre che una piccola bussola umana, un personaggio piuttosto interessante. E adorabile, a mio dire. Sì, io sono una patita anche dei piccoletti sfigati che si fanno valere e questo ormai la dice lunga sul tipo di personaggi che adoro (non vi dico l'altro elemento chiave che caratterizza alcuni, per fortuna, dei miei personaggi preferiti, perché vi toccate i maroni se siete maschi e se siete femmine correrete a toccar ferro). Eddie è perennemente asmatico e nervoso, qualunque cosa probabilmente lo porterà al cancro secondo quanto sua madre gli ha inculcato. E' un bambino fragile che si ribella intanto a sua madre, poi a It stesso e alla paura, in maniera sorprendete, tanto da stupire persino se stesso.



1. Peter McVries (La lunga marcia, Stephen King):

Peter è... è fantastico, non mi vengono altre parole per definirlo. E' un filosofo mancato dalla battuta pronta, con una punta di cinismo in mezzo e la malinconia di un amore andato a puttane in parte per sua colpa. Un personaggio interessante e misterioso che si rivela per quello che è man mano che si scorre fra le pagine: un essere umano, con tutte le debolezze del caso. Se la sua cicatrice fosse dovuta ad una rissa avrebbe probabilmente perso metà del suo fascino. Amore a prima vista fin dalle prime battute.
Perché i giochi mortali necessitano di qualcuno che li prenda con leggerezza di spirito, senza sottrarre però l'ombra oscura della morte.





Insomma, avrete certo notato (come se fosse impossibile) che i miei adorati sono o svalvolati o sfigati...
E i vostri?

Baci!





giovedì 31 maggio 2012

La colpa è degli imbecilli



Oggi stavo tornando a casa dall'ultima lezione di giapponese e, beh, dato che sono qui dovrei stare tranquilla e saltare di gioia, perché ho rischiato di morire e non me ne sono resa conto subito e invece ora sono viva.
Non ho provato il terrore se non dopo, al pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere.
Eravamo in macchina e un cretino pirla deficiente e molto probabilmente incosciente di quello che poteva succedere a lui e ad altri ha sorpassato.
Ce lo siamo trovati davanti, fortunatamente non abbiamo neppure avuto bisogno di sterzare all'impazzata perché è stato un attimo.
Fuori dalla fila, dentro la fila. Il fatto che fosse a pochi metri dal muso di un'altra macchina, la nostra sono dettagli.
Uno sta attento a come guida, prende le precauzioni del caso e poi ci sono questi imbecilli che non hanno rispetto ne della propria vita né di quella degli altri.
E se sono qui qualcuno dall'alto mi ha protetto. E lo ringrazio pure che stavo leggendo, altrimenti non avrei risposto di me urlando come una pazza...
Mah... tsk...

martedì 29 maggio 2012

La lunga Marcia



"Dai confini con il Canada sino a Boston a piedi, senza soste. Una sfida mortale, con un regolamento implacabile, per cento volontari: un passo falso, una caduta, un malore... e si viene abbattuti. Ma chi riesce a tagliare il traguardo otterrà il Premio. Tra i partecipanti, fra cui spicca il sedicenne Garraty, si creano rapporti di sfida, di solidarietà e di lucida follia, lungo il terribile percorso scandito dagli incitamenti della folla assiepata ai margini della strada."

Questa è la trama del libro riportata in copertina, io tendo ad aggiungere troppi dettagli inutili. Allora, prima di iniziare, onde evitare  "Gyaaaaaah" vari, ne faccio uno lungo adesso.
GYAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH

Ecco, possiamo iniziare.
Questo libro è uno di quelli che King scrisse in incognito con lo pseudonimo di Bachman. Non è un libro dalla trama contorta e non è difficile da leggere.
In questo continuo viaggiare, no, camminare, pagina dopo pagina, dentro il cervello di Ray Garraty, sembra quasi di percorrere noi quella lunga, lunga, interminabile strada.
E per me che sono dannatamente pigra un romanzo del genere è quasi un incubo che si avvera.
Ma scherzi a parte, la maggior parte dei personaggi sono anonimi, di alcuni non si conosce neppure che nome abbiano e questo non perché King ha fatto un lavoraccio, ma perché probabilmente a Garraty non interessava affatto conoscerli, non ne aveva il tempo, o forse ha preferito di no. Perché farsi degli amici fra i Marciatori è come assumere giorno dopo giorno goccie di arsenico.
Logorante, letale, doloroso.
Molto doloroso.
Ecco perché chilometro dopo chilometro i morti crescono di numero senza essere neppure citati. O peggio, nel caso di quelli che il lettore ha modo di conoscere e di affezionarsi, muoiono e basta.
Non c'è la tragedia, il pianto, la tristezza.
Morto.
Stop, si va avanti.
Chi si ferma è perduto.
Camminare, camminare, camminare...

Forse l'unico personaggio che ha capito davvero come ci si comporta in queste situazioni è Stebbins, il ragazzo misterioso, quello che non cerca nessuno, ma che al tempo stesso si rende oggetto di attrazione. Di primo acchito avrei detto Barkovitch, in realtà, ma lui, no... il suo è un altro modo ancora più masochistico di affrontare il cammino, perché odiare da forza, farsi odiare indebolisce inesorabilmente.
E parliamo di McVries, lui prende la Marcia così come viene. Parla, simpatizza, aiuta e lascia andare, continua a camminare e non capisci poi molto di quello che gli passa per la testa, con tutti i discorsi assurdi che partorisce con quel suo cervellino fino.
E Olson... Olson mi ha colpito molto, ma non tanto per il suo carattere, quanto per quello che fa.

Faccio una digressione da giappominkia (questo termine è entrato ormai nell'uso comune, anche se in realtà non mi piace abbia connottati così negativi. Tutti si è stati giappominkia, no? Io ho certe ricadute...), quando presi La Lunga Marcia in biblioteca, insieme a "Il conte di Montecristo" e "I miti nordici", fu un caso che lo addocchiassi fra i volumi di King.
Io cerco di evitare gli horror, suscitano in me un'attrazione e una repulsione letale. Poi la notte dormire diventa un dramma. Ma quel giorno qualcosa mi fece leggere la trama di quel libricino. E già il binomio distopia-gioco mortale mi affascina, ma mentre legiucchiavo più mi veniva da pensare a Battle Royale. Solo che era diverso...
Insomma, Nanahara Shuya è un sognatore, Ray Garraty è un romantico rassegnato. Fra le righe il suo futuro appare grigio, mentre Shuya trama la ribellione.
Garraty non sa neppure chi diavolo gliel'ha fatto fare a partecipare alla marcia, insomma, è una persona che probabilmente si è disillusa del tutto sul fatto che le cose possano cambiare. Non protesta più di tanto contro la realtà in cui versa l'America.
Il suo partecipare è probabilmente un inconscio desiderio di morte, simile a quello di tutti gli altri.
Comunque, leggi e leggi, arriviamo alla scena di Olson e lì ho chiuso il libro e sono andata a controllare.
Sì, pare che Battle Royale fosse ispirato proprio a questo libro.
Insomma, Mimura!!
No, non dirò altro.
Ci sarebbero tante di quelle analogie da fare, ma magari più avanti in un altro post, perché qui dovevo solo recensire e invece mi sono data di nuovo ai deliri.
Tutto questo sproloquio qui per dirvi qual'è stato uno dei motivi che mi ha spinto a continuare a leggere. E sarà infantile, ma è stato un bene.
No, forse no, sono un filino dipendente e mi piace tenerlo sotto mano.
Probabilmente poi ho una certa vena sadica, ma non troppo, per adorare storie simili, ma a parte tutte le preferenze personali, i vaneggiamenti che posso fare, persino le smancerie che McVries riserva a Garraty che hanno alimentato i deliri del mio cervellino, La Lunga Marcia è un libro che vi consiglio caldamente.

Il finale della storia ha suscitato parecchie critiche fra i lettori.
C'è chi lo ritiene deludente, c'è chi no, personalmente mi sembrava ovvio che finisse a quel modo, anche se c'è sempre quel qualcosa di sovrannaturale che ti lascia sulle spine e costringe il cervello a farsi qualche altro viaggio mentale, ma questi ve li risparmio.

Non vi risparmio invece la citazione di McVries.

«Continua a ballare così per sempre con me, Garraty, e non mi stancherò mai. Strofineremo le scarpe sulle stelle e ci appenderemo a testa in giù alla luna.»

In realtà se scrivessi ogni frase che mi ha colpito scriverei un libro a parte su di lui...
Beh, credo di aver concluso.
Leggetelo, leggetelo, leggetelo!!



Al prossimo post!


venerdì 25 maggio 2012

My brother's keeper

Giusto ieri ho scoperto questo simpatico sito per pubblicare e scaricare ebooks e ho trascorso il pomeriggio a caccia di racconti e libri vari. Ne ho anche approfittato per pubblicare il mio primo ebook (YAOI, badate, in italiano non ne ho visti, meglio provvedere): My brother's keeper.
Zombies, rituali voodoo, angeli, demoni, un licantropo emo-isterico-perché-con-le-sue-cose e una strega violenta, per non parlare di un pagliaccio inquietante quanto... come dire, lui ci prova, poverino... e uno stregone assai vendicativo. Tutti nello stesso luogo per gli Awards musicali della città di Hell Bottom.
La storia doveva partecipare ad un contest, perciò si trova anche su EFP
Beh, il problema fondamentalmente è che non so se il link sia avviabile o.O
Avete presente i piccoli incidenti di percorso che vi mettono i bastoni fra le ruote quando qualcosa vi interessa? Ecco, mai che qualcosa fili liscio, comunque, quando io vado a cercare il mio ebook (gratuito, eh) non lo trovo, però noto comunque che c'è qualcuno che lo legge e ho fatto le prove per vedere se dipendeva dalle volte che aprivo la pagina. Non sembra, perciò, ditemi voi se apre.
E, mi spiace, non doveva essere questo il post pieno di gyaaaaah XP

mercoledì 23 maggio 2012

Angeli e Demoni: recensfogo.




E' la prima volta che provo a scrivere una recensione, ma vi avverto fin da subito che questa non lo sarà. Sarà uno sfogo, tendo a lasciarmi trascinare dalle emozioni mentre scrivo, perciò probabilmente mi sfogherò anche stavolta come si fa di solito nei blog.  Almeno per me è vero. Qualcosa va male? Lo si scrive sul diario o su un blog, per sfogarsi e non sentirsi dire il solito -Ma tu che cosa hai fatto? Non è che magari è perché tu...- una frase che non sopporto.
Insomma, se mi sto sfogando non mi va di sentirmi attaccare anche da te no?
E' infantile, lo so, ma quando sai di avere ragione urta i nervi.... ecco... stavo divagando.
Diciamo che questa sarà un recensfogo, ok?
Dicevo: se una cosa fa male, la si scrive, se va bene, si urla al mondo intero attraverso quattro righe striminzite piene di "Gyaaaaaaah!" sapete, gli urletti teatrali... beh, quando ho visto Angeli e Demoni quegli urletti me li sono ingoiata e e il mio sorriso a trentadue denti è mutato in un muso da carlino deluso.

Ecco, esattamente così.
Quando ci si appresta a vedere la trasposizione cinematografica di un qualunque cosa, per prima cosa bisogna armarsi di padella. E non per i pop corn o per qualsiasi snack da sgranocchiare inebetiti davanti allo schermo. Anche un corpo contundente andrebbe bene. Il secondo passo prevede il darsi suddetto corpo contundente sul cranio, per stordirsi e dimenticare ciò che si è letto in precedenza. Compiuto questo passo, si può accendere la televisione o andare al cinema o quello che vi pare. La storia che si vedrà presenterà ovviamente delle differenze dall'originale, ci mancherebbe. Insomma, Angeli e Demoni è un romanzo di 500 pagine circa, forse un po' meno, ma siamo lì. Non si può pretendere che ci stia tutto e bene. Ma, almeno per me che ho adorato il libro e l'ho letto in pochissimi giorni, poiché una pagina tirava l'altra, nel film hanno fatto scempio di cose che potevano anche lasciare. Hanno sfoltito scene e personaggi e lasciato i restanti privi del loro endoscheletro, del loro bagaglio d'esperienze di vita. Insomma, era davvero così importante eliminare il personaggio di Leonardo Vetra sostituendolo con questo Silvano? Questo innocente taglio ha privato la morte dell'uomo della sua drammaticità. Un amico è diverso dall'uomo che ti ha cresciuto, che ti ha appassionato con la scienza e ti ha reso la donna che sei. Parliamo di Kohler? Probabilmente la sua assenza non influisce più di tanto, ma aggiunge un sospettato in più alla folta rosa di papabili omicidi. E l'Assassino? No comment. Non so cosa passasse in testa a chi ha deciso per il cambiamento, ma ritrovarmi un ometto mingherlino al posto di un omaccione mi ha fatto storcere il naso. E, per ultima cosa: lui. Il camerlengo. Lui non è figlio adottivo del papa. Lui è suo figlio, cresciuto con una mentalità conservatrice senza sapere ciò che suo padre ha fatto per lui, ciò che sua madre ha fatto per lui. Nel film è semplicemente un uomo estremamente conservatore. Del suo trauma profondo non v'è traccia. Del suo comprendere i propri errori e del suo sacrificio al termine del romanzo non v'è traccia. Patrick McKenna si suicida per l'essere stato smascherato.
E basta?
Ecco... io a quel punto devo essere collassata definitivamente. E il tentativo di salvare la sua chiesa da ciò che lui stesso aveva fatto? La voce della madre? No, seriamente, io nel libro ho trovato il caro camerlengo Carlo Ventresca (ma perché hanno cambiato il nome?! o.o) un personaggio molto profondo, o meglio, confuso. Il suo non era solo estremismo, c'era un tormento di fondo a renderlo mandante di quegli omicidi, a fargli smarrire la via. Sono quelle cose che quando le leggi ti esaltano e poi restano chiuse dentro un libro, perché per il mercato cinematografico sono sostituibili. Insomma, bisogna adattare, rendere tutto il solito filmetto godibile e basta, senza nient'altro. Se guardavo Criminal Minds ne sarei stata gratificata maggiormente. 
E poi vai a dirlo a qualcuno e pensano che sei la solita incontentabile.
Forse. 
Però odio gli stravolgimenti specie se immotivati e se ci sono motivazioni, beh, ditemelo voi, perché io vedo solo risparmio di tempo e soldi. Non che il cambio di un nome porti via soldi, quindi questo non me lo spiego. E, insomma, vi lascio al termine di questo sfogo criticoso, sperando di poter scrivere qualcos'altro. Magari per il prossimo post cerco di essere meno carlino e più positiva. Ho già in mente un libro su cui scrivere e quello mi è assai piaciuto, quindi magari il prossimo post sarà tutto un insieme di disarticolati "GYAAAAAAAAH!!"
Proprio non mi riesce di essere seria e professionale...